due diligence action learning

Action Learning nelle operazioni di integrazione organizzativa

Quando si parla di operazioni di due diligence e di percorsi di integrazione tra aziende, è opinione prevalente che nessun elemento dovrebbe ostacolare lo slancio che si crea a seguito di un accordo di acquisizione-fusione.

Dal giorno della comunicazione ufficiale, il mantra recitato all’interno delle organizzazioni coinvolte diventa unicamente quello di raggiungere quanto prima i benefici attesi e definiti. Obiettivi, obiettivi e ancora obiettivi! Non si può certo definirlo un approccio errato, ma molto spesso lo si adotta soltanto perché non sembrano esserci delle alternative.

Molti manager, intervistati a fine della prima fase di integrazione, si rammaricano di non aver tenuto in considerazione alcuni elementi definiti essenziali e altri invece individuano la gestione non tempestiva come l’errore più grande commesso.

Nonostante questi “segnali” il management coinvolto rimane però orientato ad approcciare la gestione del cambiamento (inteso come apprendimento e generazione di alternative più efficaci) in un secondo momento e a “bocce ferme”, ovvero quando il ritmo del processo di integrazione comincia a rallentare.

Nell’ottica di trovare un’alternativa, quindi, abbiamo iniziato a chiederci se già nella fase di integration planning, sia possibile individuare le aree di miglioramento e di valore su cui andare a lavorare fin da subito, regolando la “velocità” dell’integrazione.

Una prima evidenza è che molto spesso le aziende coinvolte interpretano in maniera differente il “come” arrivare ad un determinato obiettivo (strategico) e che la migliore maniera per creare valore è frutto dell’apprendimento reciproco basato sui rispettivi punti di forza.

Le aziende coinvolte possono interpretare in maniera differente il COME arrivare ad un determinato obiettivo.

Eliminando atteggiamenti di superiorità e adottando un modello di condivisione comune e aperto, i leader possono così lavorare per identificare modalità eccellenti da affinare, arricchire e applicare alla parte esecutiva della strategia di integrazione.

In alcuni casi si può trattare di aspetti operativi (esempio: adottare un’efficace gestione organizzativa), in altri casi di uno stile di approccio commerciale (esempio: una particolare capacità emotivo-relazionale espressa dai sales manager).

Al di là degli specifici ambiti, quello che abbiamo notato è che nel momento in cui si capisce che si possono fare le cose in maniera diversa, si sbloccano elevate capacità di generare valore.

Un secondo aspetto che abbiamo identificato è che la fase di due diligence non restituisce sempre una completa fotografia delle aziende coinvolte. Ci sono sostanzialmente delle aree di “non conoscenza” dell’altra organizzazione che in ottica di gestione del cambiamento potrebbero complicare la fase operativa di integrazione. Anche in questo caso si spazia dalle capacità produttive, dalla gestione delle persone, dagli strumenti utilizzati, dalle prassi e procedure adottate e così via.

Per portare un esempio concreto, facciamo riferimento ad un caso di acquisizione dove ci si è resi conto, in fase di integrazione, che la scarsa conoscenza delle rispettive dinamiche relazionali con i clienti (commerciali, pricing e customer care) stava vanificando lo sforzo iniziale per integrare prodotti e servizi con ricadute sulla retention dei sales account.

Per sbloccare la situazione, è divenuto necessario rallentare il processo di integrazione tra le due aree commerciali e permettere un coinvolgimento strutturato dei sales manager nell’apprendere in maniera approfondita le dinamiche relazionali – logico-emotive – con i clienti, le procedure di gestione dei pacchetti clienti, le politiche di pricing sul breve periodo e quelle di up-selling e cross selling volte a orientare l’azione commerciale sul medio lungo termine.

In questo caso abbiamo utilizzato il modello Vital Signs di Six Seconds per facilitare l’apprendimento e identificare i punti di forza dei rispettivi approcci commerciali. Il modello permette di costruire una mappa basata sui 4 outcomes di una integrazione organizzativa: Retention, Produttività, Customer Focus e Sostenibilità nel lungo periodo.

Il modello VS, oltre a fornire una base iniziale per organizzare l’apprendimento è stata poi utilizzata anche per individuare le opportunità di sviluppo, i principali fattori di rischio nell’integrare prodotti e sevizi, ridisegnare la strategy execution e monitorare nel tempo lo stato avanzamento lavori.

Da quella occasione abbiamo imparato che l’integrazione può viaggiare a diverse velocità all’interno delle aree aziendali e in funzione del livello di apprendimento acquisito.

In una operazione di acquisizione o fusione, impostare un processo di integrazione in modalità “a tutto gas” non è l’unica opzione perché si rischia di perdere per strada elementi importanti per il successo. Viaggiare a diverse velocità e spingere sull’acceleratore nel momento opportuno può invece rappresentare un’opzione più sostenibile nel lungo termine.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

PMC Coach è Preferred Partner di Six Seconds per lo sviluppo di interventi organizzativi legati alle operazioni straordinarie.