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Team vitali, persone motivate: il ruolo dell’intelligenza emotiva

a cura di Agnese Pelliconi

Perché il coaching?

Ritengo che sia uno strumento potente, per crescere, per raggiungere obiettivi e realizzare progetti, sia per le singole persone che per i team di lavoro. Uno strumento rispettoso dell’unicità degli individui e dei team, uno strumento che sfida le nostre convinzioni, che ci mette in gioco, che ci fa scoprire e riscoprire le nostre risorse e i nostri talenti. Uno strumento che chiama all’azione, alla sperimentazione, all’apprendimento.

Perché il Coaching in azienda?

Perché credo profondamente che le persone abbiano molte risorse da mettere in campo – di cui spesso non sono consapevoli – e credo che sia possibile unire “aziende e team che funzionano” con un “sano equilibrio” di vita privata e lavoro, seguendo i propri valori e trovando senso e soddisfazione in quello che si fa.

La dimensione del team…

A differenza di altri coach quando ho iniziato il mio percorso per diventare coach, avevo già in mente la dimensione del team, perché è nel team che “accade la magia”…o il disastro quando il team non funziona.

La dimensione del team sarà (lo è già) sempre più indispensabile: la specializzazione e polverizzazione delle competenze, la sempre crescente complessità, l’accelerazione del cambiamento rendono necessario lavorare assieme agli altri.

Come Team Coach – utilizzando gli strumenti tipici del coaching: ascolto, domande potenti, feedback – accompagno i team nell’individuare quali convinzioni, opinioni, credenze limitano il proprio percorso, quali conversazioni e relazioni mancano all’interno del team e nei rapporti con il resto dell’organizzazione, quali modalità operative ostacolano efficacia e creatività, quali risorse si possono attivare e potenziare e quali nuove azioni si possono intraprendere per raggiungere gli obiettivi.

Affrontare processi di cambiamento da soli è spesso faticoso o molto rischioso: io cambio e tutta l’organizzazione attorno a me rimane ferma…Lavorando sulla dimensione del team, si dà reale impulso ai processi di “change management”.

Approccio sistemico

Siamo tutti interdipendenti, oggi più che mai un approccio sistemico è indispensabile, non possiamo pensare di evolvere e di risolvere i problemi con una logica individualista. Siamo tutti parte di sistemi e rischiamo di esserne travolti se non ci riconosciamo parte del sistema e non ne vediamo le logiche, i meccanismi, gli schemi.

Quando entro in un’azienda, in un’aula di formazione, in un team, entro in un sistema dove ogni singola persona influenza il clima e il risultato del sistema e dove i processi e le relazioni tra le parti influenzano ugualmente il clima e il risultato del sistema, anche di più delle singole persone. Vedere questo e affiancare le persone nel vedere le logiche del proprio sistema è il primo passo per andare nella direzione del cambiamento desiderato.

Intelligenza emotiva

L’“abilità di utilizzare le emozioni in modo efficace” e la “capacità di integrare pensieri ed emozioni nel processo decisionale” – Finalmente ci siamo riappropriati di una caratteristica importantissima di noi essere umani! Senza inutili contrapposizione tra parte emotiva e parte razionali, ma con la possibilità di integrare meravigliosamente le nostre caratteristiche e potenzialità.

Tra i vari approcci e strumenti a supporto dello sviluppo dell’intelligenza emotiva, ho scelto il modello Six Seconds, che mette al centro le varie competenze dell’intelligenza emotiva e i nostri talenti. Un modello rispettoso dell’unicità e del percorso di ciascuno, un modello dinamico poiché le competenze dell’intelligenza emotiva sono tutte allenabili e sviluppabili, sia a livello di singolo che di team, un modello che include il nostro senso di scopo e il nostro impatto positivo sugli altri.

Quindi nessun alibi, possiamo (dobbiamo!) allenarci nell’utilizzare la nostra intelligenza emotiva, è un prezioso contributo al nostro benessere personale, al clima e ai risultati dei nostri team e organizzazioni ed è anche un prezioso dono che possiamo fare alla nostra società.

Come ci alleniamo? INTEGRAZIONE

Fermarsi e riconoscere le emozioni del momento: quali sono? Quale intensità? Quale messaggio? Questo anche nella dimensione di team: a quali emozioni non stiamo lasciando spazio? Quali messaggi ignoriamo?

La capacità di trarre energia dalle emozioni, senza farsi sopraffare, ma sapendole utilizzare come preziose alleate.

Individuare i pattern emotivi e di comportamento: osservarsi da fuori, registrare senza giudizio cosa è successo. Prendere nota di pensieri, emozioni e azioni. Che cosa fa scattare il “pilota automatico”? Quali conseguenze ha? Costi, benefici. Cosa vorrei di diverso? Quali pensieri mi servono? A quali emozioni mi posso ricollegare?

Un’altra competenza importante è la capacità di generare opzioni, di non fermarsi al primo “Non è possibile” ma di coltivare la fiducia nelle ulteriori possibilità e alternative che ci sono. E’ coltivare la logica dell’abbondanza in un mondo che ci spinge sempre più a pensare in una logica di scarsità. Pensate quando nelle organizzazioni si riesca a cambiare questo paradigma di pensiero: qua fiorisce l’innovazione, la collaborazione, si creano realmente le soluzioni win-win.

In un’epoca di persone sempre meno coinvolte nel mondo del lavoro (ce lo raccontano le ricerche di Gallup, i numeri sul quite quitting) un’altra competenza fondamentale, è la capacità di individuare cosa ci motiva intrinsecamente, cosa ci smuove (motus – motivazione, e non a caso emozione emotus – mettere in movimento). su quali valori vogliamo basare la nostra vista, qual è il nostro “noble” goal, quello che ci fa “alzare dal letto la mattina”.

Questo non vale solo a livello di individui, ma anche di team e organizzazioni: qual è la nostra vision? Il nostro nord? Come percorriamo il cammino verso la nostra visione? Come costruiamo ambienti di lavoro che risuonino con le leve motivazionali delle singole persone?

Non ultima l’empatia, la capacità di comprendere le nostre emozioni e bisogni e comprendere le emozioni e i bisogni degli altri. Si, anche coltivare l’empatia verso se stessi è importante. Non è un obbligo, è una scelta: scelta di ascoltare senza giudizio l’altro, scelta di saper anche stare in silenzio. Non è “dare ragione all’altro”, non è “poverino”, è riconoscere un’emozione, è capire “da dove mi sta parlando l’altra persona”, è lasciare spazio all’altro per esprimere la propria emozione, o meglio, è creare uno spazio condiviso in cui ciascuno sceglie cosa mettere di sé.

I livelli dell’intelligenza emotiva nel mondo stanno calando, è un segnale grave. Questo non porta beneficio alle persone, non porta beneficio ai team, non porta beneficio alle organizzazioni. Le emozioni guidano le persone e le persone guidano la performance. Allenare l’empatia oramai è una necessità.

I talenti

Una delle mie frasi guida è “Siamo tutti nati per risplendere… E quando permettiamo alla nostra luce di risplendere, inconsapevolmente diamo agli altri la possibilità di fare lo stesso.”

E’ per questo che il tema dei talenti mi sta molto a cuore. Quante volte le persone non sono neanche consapevoli dei propri talenti! Forse perché non sono “mainstream”…e quando volte le organizzazioni non sono consapevoli dei talenti delle loro persone! Facilitare persone e organizzazioni nel scoprire e riscoprire i propri talenti è una delle cose che mi appassiona di più: si parla spesso di ricerca del talento, di retention…ma una volta che abbiamo le persone in azienda cosa ne facciamo?

Senza cadere nella “trappola del talento”…le neuroscienze ci stanno ricordando come impegno, costanza, dedizione, grinta siano fattori altrettanto importanti nel nostro sviluppo. E allenare i propri talenti o acquisirne dei nuovi, non richiede proprio questo?