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Intelligenza Artificiale e trasformazione del ruolo consulenziale: uno sguardo strategico

Intelligenza Artificiale e trasformazione del ruolo consulenziale: uno
sguardo strategico

Introduzione – Perché l’intelligenza artificiale non è (solo) una rivoluzione tecnologica

L’intelligenza artificiale (IA) è già tra noi. Non si tratta più di una prospettiva futura, ma di una realtà concreta che sta trasformando radicalmente il modo in cui produciamo, comunichiamo, prendiamo decisioni e costruiamo strategie aziendali. Dai sistemi predittivi basati sui dati ai chatbot evoluti, dagli strumenti di automazione operativa ai software di analisi semantica, le applicazioni dell’IA stanno diventando sempre più pervasive in ogni settore dell’economia.

Secondo i principali osservatori internazionali, tra cui McKinsey, Gartner e PwC, il potenziale dell’IA è tale da ridefinire l’intero ecosistema della consulenza aziendale. Aumentare l’efficienza operativa, potenziare l’analisi strategica, migliorare la capacità di risposta delle organizzazioni: tutto ciò è oggi possibile grazie a soluzioni che combinano algoritmi, big data e automazione intelligente. Ma con un’avvertenza fondamentale: la tecnologia da sola non basta.

È proprio qui che entra in gioco un ripensamento profondo del ruolo del consulente. L’intelligenza artificiale non sostituisce la consulenza, ma la ridefinisce. Cambia le domande che vengono poste, i tempi delle decisioni, le aspettative dei clienti, i modelli organizzativi, i valori in gioco. In particolare nel contesto italiano, dove il tessuto imprenditoriale è composto prevalentemente da piccole e medie imprese (PMI), il tema è ancor più urgente. Le PMI, spesso più agili ma meno strutturate delle grandi aziende, rischiano di rimanere escluse da un processo di innovazione che corre veloce, se non adeguatamente supportate.

Ed è proprio qui che le società di consulenza – soprattutto quelle che, come PMC Coach, hanno sviluppato un approccio integrato tra strategia, organizzazione e sviluppo delle persone – possono giocare un ruolo cruciale. Non si tratta solo di “adottare l’IA”, ma di guidare una trasformazione culturale, accompagnando imprenditori, manager e team a comprendere, scegliere e usare l’IA in modo consapevole, etico e sostenibile.

Ne abbiamo parlato con Diego Pasqualini, consulente e partner di PMC Coach, in questa riflessione a più voci sull’evoluzione della consulenza d’impresa nell’era dell’intelligenza artificiale.


Intervista a Diego Pasqualini (PMC Coach)


1. Ripensare il ruolo del consulente

L’IA sta modificando profondamente il modo in cui le aziende prendono decisioni e disegnano i propri processi. Secondo te, in che direzione sta evolvendo il ruolo del consulente all’interno di questo scenario?

L’introduzione dell’intelligenza artificiale nel lavoro di consulente porterà sicuramente a cambiamenti significativi, e questi potranno essere sia positivi che sfidanti. Vedo il consulente sempre più come un facilitatore nell’integrazione tra efficacia operativa e attenzione ad una performance sostenibile delle persone, tra analisi dei dati e capacità di trasformarli in informazioni e poi in decisioni, tra sviluppo di competenze tecniche e competenze socio-relazionali.

In un mondo sempre più guidato da strumenti intelligenti, quale può essere – o restare – il valore distintivo dell’intervento umano nel lavoro consulenziale?

Sappiamo che nel 70% dei casi il cambiamento fallisce perché non vengono presidiati gli aspetti emotivi e relazionali delle persone, e sappiamo anche che i consulenti sono quasi sempre chiamati per supportare le aziende nei cambiamenti. Dubito che una macchina possa competere con le capacità di dialogo, di indagine, di individuazione dei desideri, timori e aspettative implicite, di persuasione, di ascolto, di motivazione di un consulente in carne ed ossa. Questo è il valore della consulenza di ieri, oggi e anche di domani.


2. Formazione, apprendimento e nuove sfide

Il tema delle competenze è centrale: come vedi il rapporto tra tecnologia e apprendimento all’interno delle organizzazioni? Quali sono, secondo te, le competenze “di domani”?

L’evoluzione delle competenze richieste dalle organizzazioni è un processo continuo e, con l’introduzione di strumenti basati sull’IA, se ne individueranno delle nuove. Non sono certo di quali potranno essere le nuove competenze tecniche richieste, ma quelle di tipo socio-relazionali assumeranno sempre maggior peso nel mix ideale di un professionista. Saper gestire le persone e le loro performance all’interno dei cambiamenti (tecnologici e non) sta già diventando strategico.

Pensando al lavoro in team e alla crescita professionale, in che modo l’intelligenza artificiale può rappresentare uno stimolo per rimettere in discussione pratiche consolidate?

Mi immagino che l’IA possa facilitare l’allineamento tra necessità delle organizzazioni e aspettative delle persone. La tecnologia sta efficientando processi ed eseguendo attività ripetitive e con elevato dispendio di tempo. In questo contesto, le persone possono concentrarsi sempre più su ciò che gli piace fare e su cosa porta valore e autonomia al proprio ruolo, con impatto sulla motivazione e la retention.


3. Automazione e tempo di qualità

L’IA tende ad automatizzare attività ripetitive e operative. Questo cambiamento può liberare tempo e attenzione: su cosa dovrebbe concentrarsi oggi il “vero valore aggiunto” del consulente?

Se l’IA libera tempo e attenzione, il consulente può concentrarsi a mettere le persone al centro della performance organizzativa e dei cambiamenti. Significa guidare imprenditori, leader e team ad integrare tecnologia e processi decisionali, tra qualità e quantità dell’informazione e intuito, esperienza personale, tra il razionale e l’emozionale. Significa tracciare percorsi verso una performance veramente sostenibile.

Quali nuove domande o bisogni delle aziende potrebbero emergere da questa redistribuzione del tempo e delle energie?

In primis vedo un focus sugli aspetti etici della relazione tecnologia-impresa. Stiamo già vedendo una rinnovata attenzione nei percorsi di road map aziendale per ridefinire il purpose, i processi e gli obiettivi. C’è necessità di partire (o ripartire) dall’interno dell’azienda per affrontare le sfide e i cambiamenti dando un ruolo quanto più chiaro possibile alla tecnologia.


4. Modelli organizzativi e nuove alleanze

L’automazione sta spingendo molti studi a ripensare modelli organizzativi tradizionali, come quello “a piramide”. Pensi che anche nel mondo della consulenza si stia aprendo una fase di trasformazione dei ruoli e delle strutture?

Ci aspettiamo una organizzazione più piatta e basata sul tipo di progetto e sul tipo di approccio necessario ai clienti piuttosto che sulla seniority. Per esempio, i progetti di consulenza strategica di PMC Coach vedono team con competenze di direzione aziendale, competenze economico-finanziarie, legali, fiscali e organizzative. Esiste sempre un capo progetto che coordina una serie di esperti in materia. Nei progetti successivi, i ruoli cambiano in base al contesto in cui si opera e in base agli obiettivi.

Si parla spesso di “consulenza ibrida”, in cui competenze umane e tecnologie collaborano. Che tipo di alleanze o sinergie immagini tra consulenti e strumenti intelligenti?

Questo concetto non è universalmente definito e, per noi di PMC Coach, vuol dire la capacità di saper erogare il servizio con un mix di approcci: consulenza, formazione e coaching. La sinergia con gli strumenti intelligenti serve a facilitare il consulente ad essere efficiente e presente laddove il cliente richiede di viaggiare alla velocità dei processi decisionali dell’organizzazione.


5. Etica, responsabilità e sostenibilità

L’uso dell’intelligenza artificiale solleva interrogativi importanti: bias, responsabilità, trasparenza. Quali sono, secondo te, i princìpi irrinunciabili che dovrebbero guidare l’adozione di queste tecnologie?

Più che di princìpi, parlerei di una profonda consapevolezza che l’IA non è qualcosa di neutro e che solo l’utilizzatore finale ne può fare un buon o cattivo uso. Gli strumenti tecnologici, nella fase di progettazione e sviluppo, sono influenzati da azioni e scelte da parte di chi li crea. La scelta della base dati da cui attingere, la scelta delle funzionalità, i criteri di errore sono scelte di tipo valoriale ed etico. Laddove l’IA influenza i processi decisionali e l’accesso (o meno) a risorse ed opportunità, è necessario che ne siamo consapevoli e attiviamo riflessioni più o meno approfondite in base agli impatti previsti.

Anche il tema ambientale entra in gioco: pensi che l’impatto ecologico dell’IA debba diventare parte della riflessione strategica e organizzativa delle imprese?

Le aziende sono sempre più consapevoli e coinvolte in un concetto di performance sostenibile, con azioni volte a raggiungere equilibrio tra successo economico, responsabilità sociale e tutela ambientale. La tecnologia può dare un contributo concreto e a volte con risultati immediati. In questo momento penso all’efficientamento nei processi produttivi, degli acquisti, della logistica, ma ogni processo organizzativo può apportare un contributo tangibile all’impatto ambientale di un’azienda.


6. Regole del gioco e scenari futuri

In Europa e nel mondo si sta discutendo molto su come regolamentare l’IA. Come osservatore del mondo del lavoro e dell’organizzazione, quali implicazioni ti sembrano più rilevanti in questo dibattito?

Sospetto che le implicazioni vadano ben oltre quello che posso vedere e pensare ora. Non credo quindi di poter fornire una opinione esaustiva. Detto ciò, la mia attenzione attuale è definire un primo set di regole interne ad ogni azienda: dalla selezione e gestione dei dati, alla trasparenza degli algoritmi alla base degli applicativi, dal rispetto della privacy alla governance interna.

Si parla anche di “robot tax”, cioè forme di tassazione legate all’automazione. Che riflessione ti suscita questa proposta, in termini di equilibrio tra innovazione, giustizia sociale e competitività?

Questo è uno degli aspetti complessi su cui ho la percezione di non avere tutti gli elementi per poter elaborare delle opinioni. Quindi mi gioco la carta jolly dell’approccio bilanciato. Da un lato, si deve incentivare l’innovazione e garantire la competitività delle aziende; dall’altro, si deve affrontare il futuro del lavoro e le disuguaglianze sociali accentuate dall’automazione. Mi auguro un approccio costruttivo tra governi, imprese e società civile per sviluppare politiche fiscali che promuovano un futuro sostenibile e inclusivo, massimizzando i benefici dell’innovazione tecnologica per tutta la società.


7. Ruoli emergenti e nuove visioni

In molti settori stanno nascendo nuove figure legate all’IA: Chief AI Officer, AI Ethics Officer, esperti di automazione intelligente. Come leggi questa evoluzione?

L’evoluzione dei ruoli va di pari passo con l’evoluzione delle competenze richieste e quindi non ci vedo nulla di male. I ruoli che io stesso ho assunto all’interno della consulenza negli ultimi 10 anni sono cambiati alla stessa velocità delle competenze che ho acquisito. Nel mio primo CV erano presenti ruoli che adesso non ho più necessità di valorizzare.

Se pensi al futuro della consulenza, quali nuove forme di leadership e di pensiero sistemico potrebbero servire per accompagnare il cambiamento?

Qui la nostra visione è chiara, perché gestire i cambiamenti è una parte consistente del nostro valore e lavoro. Affrontare i cambiamenti vuol dire lavorare sul “doppio binario” logico-razionale ed emotivo delle persone coinvolte. Ci vuole un approccio di leadership consapevole e che metta veramente le persone al centro. Per noi consulenti vuol dire coinvolgimento a diversi livelli: imprenditori, management, team leader e singoli individui.

Se dovessi descrivere con una parola il tipo di relazione che vorresti costruire con l’intelligenza artificiale, quale sarebbe? E perché?

Collaborazione, perché l’IA può diventare un vero e proprio membro del team di consulenza con la sua etica, i suoi valori e i suoi punti di vista. Valorizzare questi elementi al pari di tutti gli altri membri umani del team dovrebbe portare valore. Ma questo te lo dirò quando avrò fatto un po’ più di lavoro in team!